Approfondimento a cura della Dott.ssa Elena Colombelli, abilitata alla professione forense Uno dei principi base del diritto civile e, in particolare, del diritto dei contratti, è indubbiamente quello dell'autonomia privata, ossia la facoltà che ciascun consociato ha di autodeterminarsi. Tale principio è esplicitato dall'art. 1322 c.c., norma in base alla quale le parti possono liberamente determinare il contenuto del contratto, nei limiti imposti dalla legge. Tuttavia, nei contratti predisposti unilateralmente da una parte e contenuti nei c.d. modelli standard, vi sono determinate clausole che devono considerarsi prive di qualsiasi efficacia laddove non siano appositamente approvate per iscritto dall’altro contraente, così come sancito dall’art. 1341 co. 2 c.c.. Tale norma contiene un elenco tassativo, non suscettibile di interpretazione analogica, di condizioni contrattuali costituenti clausole vessatorie. Giova sin da ora chiarire che la suddetta disciplina codicistica si applica soltanto ai rapporti c.d. B2B, ossia tra imprese e/o professionisti. Ciò in quanto la contrattazione avviene tra soggetti considerati equivalenti dal punto di vista economico e sociale. Diversamente, i rapporti tra professionisti e consumatori (c.d. B2C) sono oggetto di specifica regolazione nel codice del consumo (artt. 33 e ss. d.lgs 206/2005 e successive modifiche), in ragione della presunzione di asimmetrie informative e patrimoniali tra i contraenti. Il legislatore ritiene infatti che tale squilibrio determini un diverso potere contrattuale delle parti. Ciò premesso, si considera predisposto unilateralmente il contratto il cui "schema negoziale sia precostituito e le condizioni generali siano determinate, mediante appositi strumenti (modelli o formulari), in vista dell'utilizzazione per una serie indefinita di rapporti" (Cass. n. 4241/2003). La disciplina dell’art. 1341 co. 2 c.c. non è dunque applicabile al contratto frutto di una specifica negoziazione tra le parti. È doveroso però precisare che la mera predisposizione unilaterale del contratto non è di per sé sufficiente a giustificare l’applicabilità dell’art. 1341 co.2 cc. A tal riguardo, la Cassazione ha precisato che la disciplina in esame non si applica ai "contratti predisposti da uno dei due contraenti in previsione e con riferimento ad una singola, specifica, vicenda negoziale, rispetto ai quali l'altro contraente può, del tutto legittimamente, richiedere ed apportare le necessarie modifiche dopo averne liberamente apprezzato il contenuto, nonchè, a maggior ragione, quelli in cui il negozio sia stato concluso a seguito e per l'effetto di trattative tra le parti" (Cass. Sez. I, n. 5971/2019). Giurisprudenza uniforme ha altresì affermato che l'art. 1341 co. 2 cc. non opera qualora le parti concordemente richiamino un regolamento negoziale predisposto da una delle parti e contenuto in altro documento. Ciò in quanto tale richiamo presuppone che entrambe le parti siano pienamente consapevoli del contenuto dello schema richiamato (Cass. sez. VI n. 16439/2019). Quanto all’esame delle singole clausole vessatorie, l'art. 1341 co. 2 c.c. prevede innanzitutto le limitazioni di responsabilità a favore di chi predispone il modulo standard. Ciò, chiaramente, nei limiti di quanto previsto dall'art. 1229 cc., norma che determina la nullità di qualsiasi pattuizione volta ad escludere o comunque limitare la responsabilità per dolo o colpa grave di una delle parti. Sono altresì vessatorie le clausole contrattuali che pongono, sempre a favore di chi le predispone, limitazioni alla facoltà di recesso o ipotesi di sospensione dell'esecuzione del contratto. Ad esempio, la previsione di una penale a carico della parte non predisponente che intenda recedere dal contratto è da considerarsi vessatoria proprio perchè rende oneroso, e quindi non libero, l'esercizio del diritto di recesso. L'art. 1341 co. 2 cc sancisce inoltre la vessatorietà delle clausole che pongono, a carico dell'altro contraente, "decadenze, limitazioni alla facoltà di opporre eccezioni, restrizioni alla libertà contrattuale nei rapporti coi terzi, tacita proroga o rinnovazione del contratto, clausole compromissorie o deroghe alla competenza dell’autorità giudiziaria”. Necessitano pertanto della doppia sottoscrizione le clausole c.d. solve et repete, secondo le quali, ai sensi dell'art. 1462 c.c., ogni eventuale contestazione non esime dall'obbligo di pagamento o comunque di adempimento della propria prestazione. Quanto alle limitazioni nei rapporti con i terzi, si considera vessatoria la clausola che, ad esempio, vieta alla parte non predisponente di avvalersi dei dipendenti e/o collaboratori della società predisponente per un determinato periodo di tempo. La giurisprudenza ha precisato che la clausola risolutiva espressa non è riconducibile ad alcune delle ipotesi sopra indicate, in quanto essa attribuisce al contraente il diritto potestativo di ottenere la risoluzione del contratto a fronte di uno specifico inadempimento della controparte (tra le altre, Cass. Civ. sez. III, n. 17603/2018). Analogamente, non sono vessatorie le previsioni di caparre o clausole penali, né le clausole che riproducono norme di legge o usi normativi. Per quanto concerne gli aspetti processuali, gli artt. 28 e 29 c.p.c. consentono ai contraenti di derogare alle disposizioni generali in tema di competenza territoriale, purchè tale deroga sia concordata per iscritto e riguardi specifici rapporti. Qualora ciò sia imposto unilateralmente da uno dei contraenti a proprio favore, la clausola contrattuale diviene vessatoria e pertanto soggiace all'onere della doppia sottoscrizione. Emerge dunque in maniera piuttosto evidente che la vessatorietà di una condizione contrattuale, al di là dell'appartenenza all'elenco di cui all'art. 1341 co. 2 cc, dipende dallo squilibrio che tale previsione arreca al rapporto tra le parti. In altri termini, se il peso introdotto dalla clausola vessatoria è unilateralmente predeterminato, a vantaggio di chi lo introduce e/o a sfavore della controparte, non ci sono dubbi circa la vessatorietà di tale previsione contrattuale. Al contrario, qualora tale condizione vada ad incidere in maniera paritaria sulle sfere soggettive di entrambe le parti, la stessa non dovrà considerarsi clausola vessatoria. Ciò è altresì in linea con il principio espresso dall'art. 1370 c.c., in tema di interpretazione dei contratti, secondo cui "le clausole inserite nelle condizioni generali di contratto o in moduli o formulari predisposti da uno dei contraenti s'interpretano, nel dubbio, a favore dell'altro". Come detto, le clausole riconducibili all'art. 1341 co. 2 c.c. necessitano della doppia sottoscrizione, affinché le stesse siano oggetto di specifica attenzione da parte del contraente non predisponente. La mancata approvazione per iscritto delle clausole vessatorie è sanzionata con la nullità parziale. Ciò è stato chiarito da Giurisprudenza ormai uniforme, a prescindere dalla lettera della norma, che parla di mera inefficacia. La nullità in esame può essere eccepita da chiunque vi abbia interesse, ma anche rilevata d'ufficio in ogni stato e grado del procedimento.