Approfondimento a cura dell'Avv. Valentina Minelli pubblicato su Altalex - quotidiano di informazione giuridica, 31/01/2020 https://www.altalex.com/documents/news/2020/01/31/quote-latte-importi-non-dovuti Il processo di regolamentazione della produzione del latte a livello comunitario è iniziato negli anni '80. In particolare, con il Reg. CEE 3950/92 veniva fissata una quota massima di produzione di latte per ciascun Paese, il cui valore non poteva essere superato dalla somma delle quantità prodotte dai singoli allevatori. Questi ultimi, nel caso di eccedenza della "quota latte" loro assegnata, erano tenuti a versare una somma definita "prelievo supplementare": tale regime restò in vigore sino al 2015. Sul piano nazionale, il suddetto sistema è stato recepito dalla L. n. 468/1992 e dal D.P.R. n. 569/1993: in sintesi, prima dell'inizio della campagna lattiera il singolo produttore riceveva dalla Regione l'indicazione della c.d. quota di riferimento individuale (QRI). A quel punto il produttore stesso sceglieva uno o più "primi acquirenti" cui conferire il latte (ad esempio una latteria cooperativa). Questi comunicavano i dati relativi ai quantitativi di latte conferiti dai singoli allevatori alla Regione, la quale riferiva il totale della produzione regionale ad AGEA (già AIMA), che a propria volta trasmetteva i dati all'U.e.. In ipotesi di eccesso della produzione nazionale rispetto ai parametri della quota assegnata, l'U.e. imponeva allo Stato il pagamento di un corrispettivo economico per la sovrapproduzione, volto a disincentivarla. Ciò si ripercuoteva sul singolo produttore che aveva superato la quota assegnata, al quale lo Stato italiano imponeva il c.d. prelievo supplementare, ossia una sanzione pecuniaria pari al 115% di quanto ricavato dalla commercializzazione del latte o dei suoi derivati. In Italia l'assegnazione delle quote, dei QRI ed il prelievo stesso sono stati connotati da assenza di trasparenza, soprattutto con riferimento ai criteri per la determinazione del numero dei bovini ai fini del calcolo delle quote latte ed il conseguente metodo di compensazione con cui venivano redistribuite tra i produttori le quote che avanzavano allo Stato. Nello specifico, numerosi allevatori hanno denunciato negli anni la falsità del numero di bovini ritenuti capaci di produrre latte. Se il quantitativo complessivo della produzione fosse stato alterato attraverso l'utilizzo di dati non attendibili, le sanzioni pagate dall'Italia all'U.e. e il prelievo supplementare versato dai singoli produttori potrebbero essere non dovuti. Nel corso dell'anno 2019 sono avanzati i primi passi verso una auspicabile progressiva presa di responsabilità da parte dello Stato nei confronti dei tanti produttori italiani rimasti danneggiati dal suddetto sistema: L'art. 2, par. 1, Reg. 3950/92, infatti, non autorizzava gli Stati a decidere i criteri in base ai quali doveva essere effettuata la riassegnazione. Al contrario, la normativa interna sulla base della quale è stata effettuata la compensazione nazionale per i periodi oggetto di ricorso (art. 1, comma 8, L. 118/1999, di conversione del D.L. n. 43/1999) prevedeva la compensazione per "categorie prioritarie" (compensando in primo luogo i produttori di zone di montagna e a seguire le altre categorie di produttori). Solamente con l'entrata in vigore del Reg. CE 1788/2003 è stata introdotta la possibilità di "scelta" da parte dello Stato membro nell'applicazione della disciplina delle compensazioni. In conclusione, lo Stato italiano in epoca precedente al 2003 ha redistribuito l'eccedenza delle multe non in modo proporzionale ai singoli QRI, bensì per "categorie privilegiate": tale sistema risulta del tutto contrario alla normativa all'epoca vigente, pertanto decine di migliaia di produttori attendono risposte in merito alla revisione dei conteggi relativi agli ingenti importi versati allo Stato nel corso degli anni, che potrebbero essere in tutto o in parte non dovuti.